BLABLA.AGENCY

Pherrillo per “All’aperto”, Elle Decor Italia

Si torna All’aperto,

nel Chiostro Grande di San Simpliciano a Milano.

A pochi giorni dall’inizio ufficiale dell’estate, dal 17 al 20 giugno, il magazine di design di Hearst Italia esce allo scoperto per dare vita ad un progetto di ospitalità urbana en plein air che mette insieme architettura, design e natura. Il luogo è magico: il chiostro maggiore del complesso di San Simpliciano a Milano. Qui, nel cuore della città, nel verde del giardino all’italiana, trova posto un’interpretazione d’autore della vita all’aperto che mai come quest’anno è diventata una vera e propria necessità. Dalla scala metropolitana – basta citare i progetti di riforestazione urbana – fino alla dimensione provata di balconi, terrazze e giardini, un bene prezioso da vivere con una nuova consapevolezza. Da queste premesse è nata ELLE DECOR ALL’APERTO, un’installazione che racconta le molteplici attitudini di vivere gli spazi esterni. Dalle aree relax individuali a zone dedicate a momenti di condivisione, mostrando soluzioni inedite e molte novità del design outdoor. Dagli arredi ai complementi, dai materiali alla luce. Per scoprire il piacere di abitare una vera e propria stanza all’aperto. Il progetto è di DWA Design Studio, con landscape design di Marco Bay.

Image Courtesy DWA

Elle Decor Italia ha chiesto a BlaBla.agency di realizzare il digital storytelling su “All’aperto”, e noi abbiamo invitato il talento fotografico Angelo Ferrillo – noto anche come Pherrillo – che ha seguito l’evento armato di iPhone e una Polaroid, a seguito l’intervista a cura di Alec Cinque, che spiega come il fotografo ha costruito la narrazione.

Hai scelto una narrazione circolare quasi magrittiana: a chi ti sei ispirato?

Ci sono molti elementi che mi attirano quando c’è una narrazione circolare. Nel cinema molto spesso ci si confronta con questa tipologia di sceneggiatura, basta vedere Inception, ma in fotografia capita ancora più spesso. Credo che una buona dose di ispirazione sia dettata dal piacere di vedere Duane Michals, lo storyteller per eccellenza. Mi piace il suo modo di affrontare le tematiche universali. Non trovi strano il fatto che Duane Michals abbia fotografato proprio Magritte nel 1965?

In questo shooting ibrido la fotografia analogica delle Polaroid con quella digitale di un telefono: ci racconti meglio questo processo?

Credo che la fotografia istantanea (che convenzionalmente abbiamo imparato a chiamare con il nome del brand che ne ha permesso la divulgazione capillare) e quella dei device portatili non siano molto lontane tra di loro. Se pensi che il social Instagram, quando nacque aveva una serie di limitazioni (bellissime) come quella di postare fotografie realizzate con lo smartphone e solo all’istante, senza poter pescare dal rullino o addirittura da un archivio. Per non parlare poi della parte testuale, totalmente assente. Tutto questo è riconducibile a un’idea di istante e di irriproducibilità. Due concetti su cui si basa la fotografia istantanea (Polaroid). Farle convivere è il vero modo, dal mio punto di vista, con cui si riesce ad affrontare l’annosa discussione sull’analogico vs digitale.

Questa installazione interpreta in maniera creativa il ritorno alla vita all’aperto: cosa significa per te fotografare gli spazi dell’abitare?

Mi piacerebbe che questo concetto di ritorno alla vita all’aperto non sia solo un fattore pandemico, ma di coscienza dell’uomo verso quello che è oggi il mondo in cui vive. Credo che rapportarsi con i propri ambienti sia un modo per farsi conoscere, far emergere un modo di essere, personale. Lo spazio in cui viviamo e che ci circonda è quello che ci viene offerto ma che poi modifichiamo per quello che è il nostro piacere nel viverlo. Un buon punto di partenza è la new topographic, genere fotografico nato nel 1975 ( a seguito di una mostra curata da William Jenkins presso la George Eastman House di Rochester a New York) che ci induce ad esaminare la metamorfosi della natura per mano dell’intervento dell’uomo. Ecco, credo che questo possa essere il senso che do alla fotografia degli spazi abitati: il piacere di leggerne la personalità di chi li ha realizzati.

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